top of page

INFO

Paolo Ambrosioni & The Bi-Folkers è una Folk and Roll band elettroacustica di Torino.

 

Folk perché prende ispirazione dal blues, country, old time, e più generalmente dalla musica tradizionale di stampo americano.

Roll per l’aggiunta di un approccio derivante dal rock’n’roll.

 

La band ha all’attivo due dischi; No place to hide, uscito a marzo 2014 e recensito positivamente su Buscadero di aprile 2015. Dieci canzoni originali che spaziano tra le sonorità rock, folk, blues con qualche accenno pop.

A gennaio 2016 è uscito il secondo disco, Hangin’ on a wire, in cui alle sonorità elettriche si aggiungono e si fanno più presenti quelle acustiche.

Hangin’ on a wire contiene 10 canzoni inedite scritte da Paolo Ambrosioni ed arrangiate insieme ai Bi-Folkers con diverse sonorità tra folk, roots- rock, ballate.

In una buona metà del disco si è cercato di dar voce alle persone e storie incontrate quotidianamente da Paolo Ambrosioni nella sua attività di operatore sociale: Hangin’ on a wire vuol proprio dire “appesi ad un filo” e prova a raccontare storie di persone che in breve tempo si trovano a fare i conti con un equilibrio precario ed instabile, sia a livello materiale ma anche relazionale: sono persone spiazzate dal punto di vista emotivo e psicologico, venendo meno la certezza del lavoro e dei legami sociali e familiari.

 

Hangin’ on a wire è stato recensito positivamente da Buscadero e su altri web sites.

 

La formazione è un duo, in cui il lato acustico è preponderante, con chitarre e banjo. All’occorrenza l’organico si allarga con basso e batteria, e le sonorità si arricchiscono con l’aggiunta degli strumenti elettrici. Nei concerti, oltre ai brani dei due dischi, vengono proposte anche canzoni di Bruce Springsteen, Creedence Clearwater Revival, Bob Dylan, Johnny Cash ed altri artisti del panorama roots rock e americana.

 

La band è capitanata da Paolo Ambrosioni, attivo musicalmente dalla fine degli anni ‘90 con un tributo acustico a Bruce Springsteen, in solitaria con voce, chitarra e armonica, col quale gira i palchi di Torino e arriva a quelli del Glory Days in Rimini, Spirit in the Night a Reggello, Bruce Springsteen Party Torino e altre manifestazioni. Nel 2003 nasce il progetto “BiFolkers” con formazione variabile solo/duo/trio e con un repertorio allargato ad altri classici della tradizione americana: folk, blues, country, old time, spiritual. Dal 2008 canta e suona in due formazioni torinesi di blues e classic rock, BlueScuro e Broken Strings, fino a 2012, anno in cui riprende il progetto “Paolo Ambrosioni & the BiFolkers” con l’intento di realizzare propri inediti.  

Roberto Necco: banjo e chitarra acustica. Roberto, dopo esperienze di chitarra classica, elettrica e acustica fingerpicking, si specializza nell’uso del banjo e nel corso degli anni collabora con altri musicisti italiani e internazionali, come Thomas Guiducci, Bocephus King, Dario Lombardo, Woodpigeon, Mau Mau e altri.

DICONO DI NOI....

Ho scoperto Paolo Ambrosioni e la sua band Bi-Folkers durante la selezione dei partecipanti all’ultima edizione del concorso L’artista che non c’era. Hanno immediatamente catturato la mia attenzione e il mio  apprezzamento, insieme a quello di numerosi giurati che li hanno votati fino a portarli, nel ristretto numero dei dieci finalisti, alla serata conclusiva del concorso al CPM di Milano lo scorso settembre. In realtà Paolo Ambrosioni, torinese,  aveva fondato la band nel 2003 e  dopo una parentesi  di  qualche anno dovuta ad altri progetti musicali (BlueScuro, Broken Springs), l’ha riformata nel 2012 realizzando nel 2014 il primo disco No place to hide, a cui fa seguito questo nuovo lavoro autoprodotto Hangin’ on a Wire, uscito quest’anno.

 

La band è ad assetto variabile: infatti vede oltre al leader Paolo Ambrosioni, che ha composto tutti i dieci brani di questo album e che canta in inglese e suona la chitarra acustica e armonica, la presenza di Davide Trombini alle chitarre acustiche ed elettriche, mandolino e il fondamentale Roberto Neccoal banjo e chitarra acustica e session-man al basso e batteria. Si intuisce dai loro brani che devono aver ascoltato molti dischi di artisti come Bob Dylan, Neil Young, Johnny Cash, Bruce Springsteen, e anche le string band degli ultimi anni come Avett Brothers e Old Medicine Crow : quindi i loro riferimenti e le influenze musicali arrivano da oltreoceano e sono folk, country, roots-rock, un po’ di old-time music e bluegrass, tutti abilmente miscelati in un gradevole sound, con qualche deliziosa ballata senza tempo, arricchito dalla potente e comunicativa voce di Paolo Ambrosioni e dall’eccellente lavoro al banjo di Roberto Necco, sempre a dettare i ritmi. 

I testi riflettono l’esperienza quotidiana di vita del cantante, che nella vita fa  l’assistente sociale, e ai suoi numerosi incontri con persone e situazioni di vita che hanno in gran parte ispirato le storie, la scrittura dei testi in inglese e il titolo stesso del disco, che si traduce in “appesi ad un filo”. Si inizia alla grande con Brand New Light,  un ottimo brano elettro-acustico decisamente country-rock; la successiva Many Times è gioiosa, mentre in Nothing will Change, scura, lenta e minimale, prevale l’anima soul-gospel e blues, con una testo decisamente emozionante che parla di sofferenza e disperazione. Walkin’ along the Lineè un gran pezzo, “caldo” e ritmato, che ricorda molto da vicino le più importanti string band, con un delizioso banjo e mandolino accompagnati dal ritmo di Sergio Bolognesi e Little John Guelfi come foot percussion & hand clapping.

Da segnalare Social Worker Blues, che è vero manifesto del disco, dedicata a tutti quelli che, come Paolo, svolgono il lavoro di assistente sociale affrontando ogni giorno con grande impegno e non poche difficoltà persone e storie difficili e di grande disagio sociale; un brano questo che lascia il segno e dove ancora il banjo è in grande evidenza, fino alla conclusiva Folk’n’roll che sembra uscire dalle The Seeger Session e che vede la presenza di  Renato Tammi, alla voce e alla chitarra acustica, anche lui torinese, di cui è appena uscito con la sua band The Wooden Brothers  l’eccellente omonimo album, e Thomas Guiducci alla chitarra resonator che, insieme all’armonica del leader danno una bella impronta musicale tra folk e old-time music. 

 

Un’altra ottima band che si aggiunge ad una scena italiana che fa riferimento alla grande musica americana, in grande crescita e sempre più sorprendente, interessante e di grande qualità. Un album riuscito, tante belle canzoni, ben suonato e decisamente gradevole, che sembra provenire da una valida band made in USA; insomma, Paolo Ambrosioni & The Bi-Folkers meritano sicuramente attenzione. 

Giuseppe Verrini, L'Isola che non c'era

Paolo Ambrosioni ed i suoi Bi-Folkers, sono torinesi e appassionati di musica tradizionale statunitense, blues, folk, country, roots e rock’n’roll. Gli ingredienti che compongono la loro musica sono tanto semplici, quanto efficaci. Strumenti legati alla tradizione, voce adatta al genere proposto ed una perfetta amalgama tra i musicisti. Il loro esordio su cd è avvenuto nel 2014, con No place to hide. Il recente Hangin’ on a wire, è composto da dieci tracce inedite, interamente composte da Ambrosioni (voce, chitarra acustica, armonica), vero deus ex machina del progetto, perfettamente coadiuvato dai Bi-Folkers, Roberto Necco (banjo, chitarra acustica) e Davide Trombini (chitarra elettrica, acustica, mandolino). Nessuna cover di facile presa, quindi, ma brani sinceri, diretti, che dimostrano un’ottima conoscenza del genere proposto e un gusto efficace negli arrangiamenti. Non da meno sono i testi, molti dei quali basati sulle storie reali riguardanti il lavoro di operatore sociale dell’autore. Alla buona riuscita di Hangin’ on a wire hanno contribuito altri validi musicisti, tra i quali è doveroso menzionare il batterista Antonino Arcabascio e Thomas Guiducci, alla chitarra resofonica in Folk’n’roll, brano che funge da manifesto stilistico per la band. Hangin’ on a wire è un cd che, pur rispettando la musica tradizionale a cui è ispirato, la contamina con il rock’n’rol, in un’ottica più attuale. Gli appassionati di queste sonorità non rimarranno delusi.

Stefano Tognoni, Il Popolo del Blues

Paolo Ambrosioni fa nascere il progetto BI-FOLKERS nel 2003 con una formazione spesso variabile e improvvisata da solo, in duo o in trio e con un repertorio che pesca nei classici della tradizione americana di folk, blues, country, old-time music e spiritual.

Nel 2008 però canta e suona in due formazioni torinesi di blues e classic-rock i BlueScuro e i Broken Springs fino al 2012, anno in cui riparte la nuova band Paolo Ambrosioni &The Bi-Folkers con il preciso intento di realizzare ed incidere i propri brani inediti.

Dopo una lunga gavetta la band realizza due album: No place to hideuscito nel Marzo del 2014 e Hangin’ on a wire pubblicato nel Gennaio del 2016.

Il 22 Settembre 2016 Paolo Ambrosioni and the Bi-Folkers con Ruggero Solli, Roberto Necco e Michele Sarda hanno suonato al CPM di Milano (la prestigiosa scuola di Musica di Franco Mussida ex PFM) come finalisti del concorso musicale L’Isola che non c’era (nome ripreso dalla nota rivista italiana diretta da Francesco Paracchini) giunto alla 13° edizione. Un concorso che ha visto sfidarsi circa 200 band e loro, Paolo Ambrosioni and the Bi-Folkers sono arrivati nei primi 10.

Stiamo parlando di una originalissima folk and roll band elettro-acustica di Torino.

Dal vivo eseguono i loro brani e numerose cover pescate dal vasto repertorio di Creedence Clearwater Revival, Rolling Stones, Doors, Bruce Springsteen, Bob Dylan, Neil Young, Johnny Cash ed altri ancora, ma sempre nell’ambito della squisita scuola di musica americana e roots.

Le 10 canzoni di Hangin’ on a wire (si potrebbe tradurre come Appesi ad un filo) scritte da Paolo Ambrosioni ed arrangiate insieme ai Bi-Folkers contengono diverse sonorità folk, musica roots-rock, americana ed ampie ballate.  I testi sono fortemente influenzati e nascono dalle storie e dalle persone incontrate da Paolo Ambrosioni durante le sue giornate di lavoro di tutti i giorni come operatore sociale.

Appesi ad un filo dicevamo e le storie che racconta Paolo Ambrosioni sono di persone che in breve tempo si trovano a fare i conti con un equilibrio precario ed instabile, sia a livello materiale ma anche relazionale: sono persone spiazzate dal punto di vista emotivo e psicologico, venendo meno la certezza del lavoro e dei legami sociali e familiari. In questo ambito di precarietà Paolo si destreggia alla grande con la sua voce intensa, vigorosa ed essenziale.

Insomma si tratta di un duo più che di una band che essenzialmente è formata da Paolo Ambrosioni (voce solista, chitarra acustica, autore dei testi e suonatore di banjo) e Roberto Necco (basso e chitarra acustica) ma che all’occorrenza allargano l’organico con l’aggiunta di session-men con basso, batteria, chitarra elettrica, pianoforte e mandolino.

Hangin’ o a wire è un piacevolissimo album di country-folk, cantato in inglese che si destreggia nella tradizione popolare e per una band che sembra esattamente uscita dal midwest americano.

E come se i riformati Dream Syndicate oggi redivivi, prendessero una piega decisamente country con echi di gruppi indie-folk e nel mondo delle string band che vanno per la maggiore adesso come Old Crow Medicine Show, The Decemberists, Fleet Foxes, The Avett Brothers, Mumford & Sons, Blind Pilot, ecc.ecc.

Le ritmiche sono evidenziate dal banjo e dal mandolino e dove old-time-music, bluegrass, country e folk s’intrecciano e vanno spesso a braccetto.

Il bassista Seba è una sicurezza, un metronomo mentre al pianoforte nel brano davvero riuscitissimo Shine, dedicato al figlio di Paolo, molto suggestivo e di grande lirismo troviamo Giorgio Bancale.

In Walkin’ along the line con il supporto di Sergio Bolognesi e Little John Guelfi come foot percussion & hand clapping (percussione con il piede e battito di mani) viene esaltato ancora una volta il banjo di Roberto Necco mentre l’iniziale Brand New light sorniona e dal sound dolente e assai convincente.

Many times è decisamente country-rock con il tempo scandito dal banjo e dalla batteria. Nothing will change è un lento d’atmosfera, intimista che inizia con I’m sittin’ alone facin’ my fear… i work everyday (sono qui seduto da solo affrontando le mie paure e lavorando giorno dopo giorno).

I Got question sembra uscita dalla penna del canadese naturalizzato californiano Neil Young ed il riff dalla sua Rockin’ in the free worlddall’album Freedom del 1989 con Davide Trombini alla chitarra elettrica.

Social worker blues é il distintivo, la bandiera altisonante del gruppo, un country-rock con il banjo in evidenza ed un testo assai crudo e auto referenziale: I keep on workin’ in the dark and i know these times are hard …. you bring suffer, you trust the lies… these hard times are here to stay, social worker blues.  (Continuo a lavorare al buio consapevole che sono tempi duri, tu porti sofferenza, credi alle bugie, questi tempi duri e resteranno ancora per molto tempo, il blues per il lavoratore sociale ossia, sé stesso, Paolo Ambrosioni.

Un gran bel disco di country-folk-rock, ben suonato e cantato splendidamente, che si ascolta con molto piacere.

Aldo Pedron - MESCALINA

È con grande piacere che ritrovo Paolo Ambrosioni a poco più di un anno dal suo precedente disco; lui e i suoi Bi-Folkers (Davide Trombini e Roberto Necco) camminano per la loro strada, polverosa e tortuosa; hanno raffinato il suono e la qualità dei missaggi e il nuovo Hangin’ on a wire ora è un prodotto che piacerà agli appassionati di quel country-folk imparentato con i traditionals della tradizione popolare, ben espressa nella finale Folk ‘n Roll: “...I play my  soul / ...Let me play same old chords / All we do is Folk ‘n Roll”. Ma al di là dell’old time music, così ben evidenziata dalle ritmiche sostenute da banjo e mandolino, si innalza il canto orgoglioso di Ambrosioni che memore non solo di Woodie Guthrie, ma anche delle sue esperienze come operatore sociale, canta in Social worker blues: “I keep on workin’ in the dark / And I know these times are hard”. Tutto il disco scorre via con una grande dignità, non solo musicale, ma anche contenutistica, grazie a testi che evitano accuratamente la superficialità. Bravi!

            Buscadero, Andrea Trevaini,  aprile 2016

PAOLO AMBROSIONI & the BI-FOLKERS
‘Hangin’ on a wire’


Paolo Ambrosioni è uno che va dritto per la sua strada. Non si ferma a guardare le vetrine oppure a pavoneggiarsi davanti agli specchi dei caffè alla moda. Men che meno, visto che ormai i negozi di dischi non esistono praticamente più, bazzica davanti alle edicole a caccia di ispirazione al cospetto delle dozzinali riviste giovanilistiche che spacciano per artisti fenomeni partoriti dai reparti marketing incastrati nelle macerie ormai fumanti delle case discografiche e svezzati da esperti in maquillage, comunque più credibili degli atroci esperti da reality o degli incartapecoriti giudici da talent show.
L’Ambrosioni, questo gli va riconosciuto a prescindere, non va neppure a caccia di spunti banalotti o di fin troppi facili e redditizi accostamenti. Va proprio dritto per la sua strada e, lasciatisi alle spalle i dieci brani dell’esordio discografico ‘No place to hide’ del 2014, riprende il cammino al fianco dei fidi Bi-Folkers esattamente da dove l’aveva interrotto. Personaggio atipico ma non di rottura nel panorama nazionale di settore, l’artista torinese con la coppoletta archivia quella smunta copertina in bianco e nero di due anni or sono, caratterizzata da note in caratteri talmente piccoli da poter logorare anche la lente di un microscopio, ma non il suo stile intimistico, essenziale e introspettivo. L’edificio non bene identificato della copertina di allora, tuttavia, è ancora oggi reale e si trova a Clarksdale, Mississippi: un tempo ospitava il popolare Wade Barber Shop dove, durante il taglio dei capelli o la rasatura, il barbiere in persona cantava classiconi blues per i fortunati avventori. Le uniche note di colore, in quei giorni ormai passati, erano invece date dall’interno di un booklet caratterizzato dalle foto a colori delle registrazioni.
All’epoca, durante una conversazione privata via Facebook, avevo riposto ad Ambriosioni definendo il suo esordio come un “gran bel lavoro. Davvero atipico e personale, per niente derivativo. Ed è giá una cosa super! Lo trovo fresco, intimo ma per nulla tristanzuolo”. Troppo poco, mea culpa!, per esaminare a fondo un album meritevole che l’autore stesso etichetta oggi come condizionato solo dall’inesperienza collettiva in sala di registrazione e forse, aggiungo io, anche dalla legittima fretta di immortalare idee, stimoli ed esigenze che covavano ormai da troppi anni nella sua mente e in quella dei suoi collaboratori. E, ovviamente, non vedevano l’ora di saltare fuori una volta per tutte.Personalmente, a quei tempi, nonostante le ben note passioni personali di Ambrosioni (partito nel 1997 come protagonista di un tributo acustico solitario a Bruce Springsteen e solo in seguito assurto al ruolo di leader del progetto Bi-Folkers insieme al romano Guido Iandelli, allargando il repertorio a sonorità blues, country, old time e spiritual, tutte ri-arrangiate in chiave essenziale) avevo trovato solo due evidenti, e forse inconsapevoli, influenze debitorie: ‘4th of July, Asbury Park’ per ‘This wild land’ e ‘Brown eyed girl’ per ‘Child eyes’. Consapevoli o inconsapevoli che fossero, comunque, risultavano alla fine ben poco invadenti o ruffiane in un contesto di spericolata originalità per la scena nazionale dove, nonostante una malinconia di base e una chitarra spesso debitoria al Mark Knopfler post D.S., emergeva una predisposizione assai più legata alla West che alla East Coast, nonostante si trattasse di un cantautorato evidentemente di matrice urbana con esplicite venature agresti.

E, due anni più tardi, la storia si ripete con quelle limature in fatto di malizie e capacità espressive tanto auspicate da Ambrosioni che consentono oggidì a ‘Hangin’ on a wire’ (già disponibile su ITunes, Amazon, Spotify e su tutte le altre piattaforme di distribuzione digitale) di compiere un ulteriore salto di qualità. La voce del padrone di casa, una curiosa fusione di Chris Isaak e Nils Lofgren sfumata di Scott McKenzie, ben si colloca anche nell’ambito di questi nuovi dieci brani autoprodotti e lavorati in analogico (registrati, mixati e masterizzati) da Little John Guelfi allo studio Sonica X di Torino.
Qui vengono sviluppate idee e sonorità ovviamente già abbozzate in occasione dell’esordio: Ambrosioni non va in cerca di hit e/o tormentoni, si accontenta di raccontarsi e raccontare. Magari, potendo, anche di far riflettere. La copertina, intanto, si arricchisce di provvidenziali tinte e, se gli amici riminesi Miami & the Groovers avevano scelto nel 2008 un merry go round per dare anche il titolo a un riuscitissimo album, il Nostro approfitta in questo caso di una un po’ meno nobile, ma più adatta ai ricordi dei nostri padri, giostra a seggiolini volanti (più nota anche come calcinculo o chairoplane), attrazione dei luna park stabili e itineranti, nonché dei parchi di divertimento. Una scelta che profuma tanto di neorealismo. Del resto, il museo del cinema lo hanno realizzato proprio nella città della Mole ed è perciò, forse, un omaggio dell’autore che regala un’immagine finalmente colorata con tanto di cielo azzurro, ma parzialmente nuvoloso, immortalata su un disegno che pare uscito da un numero ormai ingiallito dalla Domenica del Corriere d’annata (ma senza, volontariamente, essere perfettamente definibile come periodo). E, nascosta proprio sotto il cd, all’interno della custodia arriva invece un’immagine che ritrae il classico temerario dei tempi che furono appeso all’ala di un bimotore a elica alla Faulkner e impegnato in chissà quale folle evoluzione. Molto poco Tom Cruise e assai più, fortunatamente, Amelia Earhart.
I caratteri, questa volta, si leggono molto meglio ed appare subito evidente come Ambrosioni sia ancora una volta autore di musica e testi, mentre gli arrangiamenti risultino invece collettivi. I Bi-Folkers (curioso il gioco di parole che evidenzia l’originaria composizione in duo e il sound tipicamente folk delle origini ma consente, anche e soprattutto, una lettura auto-ironica in ‘bi-folchi’…) hanno ripreso vita nel 2012 dopo qualche anno in stand-by e, nonostante il doloroso forfait di Iandelli dovuto esclusivamente a motivi di lavoro (rimane, comunque, un elemento onorario del combo), si erano arricchiti progressivamente di componenti e strumenti. In questo caso specifico, fermo restando che il leader mantiene il controllo del microfono suonando anche chitarra acustica e armonica, accreditati come B-F sono il confermatissimo Davide Trombini (chitarra elettrica, acustica e mandolino, già suo collaboratore nei Broken String, ma attivo anche con Black Cat Bones e Rocking The Globes) e la novità Roberto Necco a banjo e chitarra acustica. Inoltre, tra i musicisti onnipresenti, ritroviamo anche Antonino Arcabascio alle percussioni che completa con il bassista Seba una sezione ritmica puntuale, efficace e mai invadente.
Già nell’iniziale ‘Brand new light’ appare ben chiaro che il banjo, pur presente anche in occasione dell’esordio, questa volta costituirà una parte ben più rilevante e volutamente incisiva nell’economia generale. Solito arpeggio di base dell’ispirato Trombini e backing vocals targati Seba, il resto spetta ad Ambrosioni con un cantato più imponente rispetto le abitudini che, nonostante la voglia di contaminazioni folk, ci porta ben lontani dagli Appalachi e dai camicioni di flanella con tanto di barbacce incolte. Rimaniamo nell’ambito di un cantautorato talvolta polveroso e altre paludoso ma, comunque, sempre forte di una limpidezza di fondo che esula dalla caoticità di una festa paesana o dal rocambolesco brusio di un barrelhouse. La ritmata ma purtroppo brevissima ‘Many times’ conduce l’ascoltatore a metà strada tra la Grand Ole Opry e territori più adatti a Decemberist o Avett Brothers, mentre la successiva ‘Nothing will change’ abbassa drasticamente la velocità di crociera e torna palpabile la similitudine vocale con Isaak, ma anche con certe capacità espressive di Kevin Gordon e Andrew Dorff a cavallo tra drammaticità ed esuberanza.
‘Walkin’ along the line’, con il supporto di Sergio Bolognesi e Guelfi a foot percussion & hand clapping, esalta più che mai il banjo di Necco e prosegue nella trattazione di quelle tematiche umane legate all’attività di operatore sociale di Ambrosioni, intenzionato a ‘regalare’ a modo suo voce e musica alle persone e alle storie incontrate sul campo.
‘I got a question’ riporta il percorso su un livello più tipicamente neilyounghiano ed è come se James McMurtry e Matthew Ryan dialogassero con Paul Thorn e Greg Trooper, mentre la sei corde elettrica di Trombini conduce al giro di boa con una serie di accelerazioni alla Cheap Wine.
‘Hangin’ on a wire’ apre l’ipotetico lato B dell’album con echi di John Dee Graham e Will T. Massey: ancora una volta gli intrecci di chitarra, banjo e mandolino impreziosiscono di sfumature folk un pezzo brillante, in attesa che arrivi il piano di Giorgio Bancale a esaltare la delicata ‘Shine’ (dedicata al piccolo Ambrosioni Jr, Pietro) che si trasforma in una ballata ispirata e intensa alla Chris Rea.
‘Social worker blues’, ultimo passaggio impegnato del lavoro, pare accodarsi a certe cose del Daniele Tenca versione bluesman e le sue sfumature bluegrass potrebbero soddisfare anche l’ascoltatore di settore più impegnato che desideri tornare alla classicità, lasciando da parte le gustose ma a lungo andare troppo noiose estremizzazioni alla Hayseed Dixie o BossHoss.
‘Share the same’, brano più lungo dell’intero lavoro, è un esplicito omaggio sotto forma di ballatona ai Glory days in Rimini, alla sua gente, al suo spirito e a tutto quel brulicante mondo di artisti che, anno dopo anno, pare ampliarsi in maniera sempre più imponente, valicando anche i confini nazionali.
Il commiato è affidato a un divertissement in chiave country & western con tanto di sgangherata falsa partenza che coinvolge anche il concittadino Renato Tammi (leader di Spring Street Band, Dirty Licks e Wooden Brothers) diviso tra voce e chitarra, nonché l’esperto pluristrumentista Thomas Guiducci (già frontman di The Charters e Irish Taste, ma anche apprezzato solista, presente solo in questo epilogo) con la sua incisiva resonator guitar. ‘Folk’n’Roll’ è una degna chiusura che, probabilmente, dal vivo assumerà ben altre caratteristiche e si presterà alla partecipazione del pubblico, magari con una robusta dose di ‘call & response’ e l’inserimento di ospiti in base alle circostanze.
L’album sarà presentato ufficialmente il prossimo 23 gennaio.

Daniele Benvenuti, giornalista - Instart.info

Paolo Ambrosioni & The Bi-Folkers – No Place To Hide / Autoprodotto

Il torinese Paolo Ambrosioni coraggiosamente chiama il suo sodalizio artistico con Davide Trombini, The Bi-Folkers; il duo produce una bella musica che sicuramente piacerà ai Buscaderiani, infarcita comìè di echi di Neil Young, di Bruce Springsteen, di Johnny Cash.

Il loro è un sound dolente, un po’ strascicato, elettrico ma intriso di country, con canzoni cantate in inglese, tutte degne di nota; cui gioverebbe solo un mixaggio più curato e più professionale; ma la passione riesce anche ad andare oltre questi limiti!

(Buscadero, Andrea Trevaini, aprile 2015)

 

 

Gran bel lavoro. Davvero atipico e personale, per niente derivativo.
Ed è giá una cosa super! Lo trovo fresco, intimo ma per nulla triste.
stile intimistico, essenziale e introspettivo.

(Daniele Benvenuti)

Musicisti aggiunti per i concerti full band

Ruggero Solli

Batteria, percussioni. Batterista romano attivo sin dai tardi anni '70. Passa per la scena indipendente dei primi '80 con il gruppo dei Rainvox incidendo un 45 giri per l'etichetta della Mantra Records facente capo al negozio di dischi Disfunzioni Musicali e sempre per la stessa etichetta con i Fotoscura. Successivamente si dedica in particolare alla musica blues collaborando con vari gruppi e artisti solisti: Bad Influence, Mojo Rising, Boogie Rules, Angelo "Leadbelly" Rossi,Davide Lipari (One Man 100% Bluez ), l'armonicista Max Manganelli, G-Fast, Spooky Man & the Trippers, the Slang (con il chitarrista e autore Guido Jandelli e il violinista Rodrigo D'Erasmo), suonando in studio di registrazione e live in tour italiani ed europei. Partecipa inoltre ad un progetto musical/teatrale con testi tratti da opere di Charles Bukowski e musiche di Tom Waits. Non disdegna inoltre qualche incursione nella scena Psycho/Garage con gruppi quali Tandem Cycle, Victorians, Radio.

 

Seba

Ricercatissimo e poliedrico cantante e bassista dell'area torinese, ha partecipato alla pre-produzione e registrazione di Hangin' on a wire, suonando il basso.

Michele Sarda

basso

 

Membri onorari

Davide Trombini

chitarre, mandolino

Ha suonato nei Bi-Folkers dal 2012 fino al 2016, precedentemente, sempre con Paolo Ambrosioni, all'interno della band rock-blues Broken Strings, 

 

Thomas Guiducci

Attivo sulla scena musicale da oltre 20 anni, ha al suo attivo moltissimi concerti prima come frontman nella rock band The Charters e successivamente negli Irish Taste, band tributo a Rory Gallagher. Dal 2010 ha intrapreso la carriera solista dando spazio a brani originali influenzati dalla grande tradizione popolare americana e ad arrangiamenti in chiave folk blues di grandi classici e pezzi storici di stampo roots. Nei Bi-Folkers suona chitarra, banjo, ukulele, mandolino, chitarra resofonica.

 

Giorgio Bancale

Pianista che già collaborava come Bi-Folker nel corso degli anni, ha suonato il piano su This Wild Land (No place to hide) e su Shine (Hangin' on a wire).

 

Guido Iandelli

Piuttosto noto e apprezzato sulla scena romana, nonché in occasione di serate a tema (proprio durante una di queste fonderà il primo nucleo dei Bi-Folkers con Paolo Ambrosioni), si caratterizza per l’esplicita volontà di stravolgere la produzione springsteeniana e di rompere gli equilibri classici. Attivo anche con band come The Slang (interminabile la versione di "Tom Joad") e The Steelfingers (questi ultimi tutti grandi fan di Bruce ma, paradossalmente, mai impegnati nelle sue cover), si esalta soprattutto nelle interpretazioni di "Nebraska" in Mi minore alla Hank Williams, una dolente "Straight time" in versione tex-mex e una "I’m on fire" dipinta di old time music. Trasferitosi a Catania, prosegue l’attività artistica con la Oswald Black Banda.

Antonino Arcabascio

Batterista, ha partecipato alle pre-produzioni e registrazioni di No place to hide e di Hangin' on a wire.

bottom of page